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mercoledì 28 gennaio 2009

Una giornata che lascia un segno nei cuori delle persone


Domenica 25 gennaio, come ormai da diversi anni, la cooperativa Capitani Coraggiosi in collaborazione con la compagnia dei tipi loschi del Beato Pier Giorgio Frassati e con l’appoggio tecnico della SAMI (società Alpinistica Maria Immacolata), nuova nata tra le schiere della Gagliarda sambenedettese, abbiamo organizzato una bella giornata sulla neve sul monte girella, per i meno esperti, sopra i prati del pianoro di San Marco. Obiettivo, trovare un pò di neve per divertisi in modo sano e con dei veri amici. Alle 08.30 tutti allineati aspettavamo il pulman che ci avrebbe accompagnato, lo abbiamo riempito e ci sono volute anche delle macchine perchè la risposta dei ragazzi a qesta bella giornata è stata grande. Il tempo non permetteva niente di buono ma, non è stato questo a fermarci, siamo partiti e il bello è stato imparare dai piccoli che non si è tristi se piove o è brutto tempo, quello che conta è l’essere felici e consapevoli di andare a passare una bella giornata tra amici nel sano divertimento. Arrivati a destinazione, abbiamo trovato le nuvole basse che coprivano tutto il bel panorama e ha nevicato tutto il tempo, ma l’entusiasmo non ci ha mai mollato e via di corsa sulle discese, con ogni sorta di cosa che potesse scivolare. Camere d’aria, slittini, bob, teli di plastica, padelle tutto furchè si potesse sfrecciare verso valle e arrivare primi nelle gare organizzate, erano presenti anche alcuni genitori che si sono coinvolti parecchio, e dico io hanno riassaporato un pò anche il tornare bambini, che non guasta mai. Chi si è stancato di scivolare ha iniziato una vera e propria battaglia a palle di neve, tutto è proseguito fino all’ora di pranzo e quando i morsi della fame si cominciavano a far sentire, siamo andati tutti insieme in uno stanzone che abbiamo affittato per l’occasione e anche qui un bel momento dove tutti hanno socializzato e condiviso anche i dolci che avevano in sovrappiù. Appena sazi qualche impavido è tornato sulle piste a scivolare mentre gli altri si sono organizzati per fare dei giochi di gruppo fino a sera. Queste giornate allargano il cuore e fanno riflettere, personalmente sono molto contento di appartenere ad un gruppo di persone che mi ha voluto bene e mi educa ogni giorno con queste semplici cose, si perchè anche l’educazione passa anche attraverso una giornata come questa dove non è la televisione a fare da padrona o il risultato calcistico del giorno che decide il nostro stato d’animo, il collante della giornata è stata la gioia lo stare insieme il condividere tutto, anche i dolori perchè durante le scivolate ci si può far male. Sono tornato a casa stanco, ma contentissimo di aver vissuto una giornata così e cerco di portare in cuore l’insegnamento che mi hanno dato i bambini, e cioè che la giornata non dipende dalle condizioni atmosferiche o dal nostro affaticamento quotidiano ma dobbiamo sempre essere entusiasti di quello che facciamo in ogni momento della giornata, perchè l’entusiasmo è degli adulti e se non riusciamo più a trasmetterlo ai nostri figli o ai nostri amici anche loro crescendo, perderanno questo grande dono.


venerdì 16 gennaio 2009

IL NOSTRO GRANDE PROGETTO


Nei rendering sottostanti potete ammirare la nostra futura palestra che abbiamo intenzione di costruire per i nostri ragazzi e quelli della Gagliarda sambenedettese. Chiediamo a tutti i nostri ammiratori di sostenerci nella nostra opera anche con una piccola offerta. L'area della sala è di circa 250m quadri e sotto potete vedere le diverse pareti, saranno presenti anche un pan gullich e qualche attrezzo da palestra. Nel blog potrete seguire le evoluzioni di questa avventura, vi terremo sempre aggiornati.



















Presentiamo in anticipo il nostro progetto di costruire una bella palestra d'arrampicata, sopra potete già realmente vedere come verrà realizzata.

"Coloro che sognano di giorno sanno molte cose che sfuggono a chi sogna solo di notte" (E. A. Poe)

martedì 6 gennaio 2009

TANTI AUGURI A RICCARDO CASSIN


Un secolo tra le sue montagne













Lecco, 2 gen. - Considerato il piu' grande alpinista italiano vivente, oggi Riccardo Cassin festeggia 100 anni di vita. La citta' che da sempre lo ospita, Lecco, gia' da diverse settimane si e' preparata all'appuntamento organizzando svariate iniziative che vanno da una mostra interamente dedicata alla sua vita, fino alla pubblicazione di un libro.
In tutta la sua carriera ha collezionato ben 2.500 ascensioni, cento delle quali mai osate da altri in precedenza. Dal Pizzo Badile del 1937 allo Sperone Walker della Grandes Jorasses nel 1938, passando dalla parete nord del Disgrazia nel 1957 senza trascurare monumentali cime come il Gasherbrum IV, che scalo' nelle vesti di capo-spedizione nel 1958, o il McKinley tre anni dopo. Una passione per la montagna che l'ha spinto all'eta' di 60 anni ad affrontare la non facile parete ovest del Jirishanca nel 1969. Sempre come capo-spedizione al Lhotse nel '75. Non ancora domo, nel 50esimo anniversario della sua prima salita decise una doppia ascensione al Pizzo Badile: aveva 78 anni.

L'AMICO KARL

“Se vuoi trovare la sorgente, devi proseguire in su, controcorrente…” il verso è tratto da una famosa poesia di karol Wojtyla dedicata alla montagna, grande metafora dell’esistenza, e intitolata “la sorgente”. Il 15 luglio scorso la neve rapisce Karl Unterkircher (uno dei migliori scalatori italiani) sulle pendici del Nanga Parbat mentre con gli amici cercava di aprire una nuova via d’ascesa. Dal suo diario emerge la passione per il suo lavoro, la montagna, ma anche la sua profonda fede. Siamo qui per una missione- ha scritto Karl-. Quella parete, non mi esce dalla testa. Ci vorranno dieci-dodici ore per salire il seracco, mi chiedo se saranno ore inutili, ore che ci impediranno la salita. Cerco di riaddormentarmi, ma la mia mente è confusa da tante domande. La probabilità che il seracco piombi giù in quelle ore, è minima…di certo non è una roulette russa. Però mai dire mai. Siamo nati e un giorno moriremo. In mezzo c’è la vita. Io la chiamo il mistero, di cui nessuno di noi ha la chiave. Siamo nelle mani di Dio e se ci chiama, dobbiamo andare. Sono cosciente che l’opinione pubblica non è del mio parere poiché, se non dovessimo più tornare, sarebbero in tanti a dire:”Che cosa sono andati a cercare là? Ma chi glielo ha fatto fare?”. Una sola cosa è certa: chi non vive la montagna non lo saprà mai. La montagna chiama. La montagna è lavoro per questa gente, ma non solo: è la natura, la sfida dell’esistenza che si presenta a chi vuole vivere e amare intensamente, giorno per giorno. È sfida con se stessi, per misurare e rafforzare le proprie capacità fisiche, mentale e spirituali. È rapporto con gli altri, scambio, solidarietà. La compagna di Karl ricorda così ad “Avvenire” la sua grande fede: Una fede che non riusciva sempre a manifestare, ma che sicuramente lo aiutava ad affrontare logni possibile sfida. Sapeva, che Qualcuno lo avrebbe protetto. E a Lui si abbandonava. Il parroco di Selva di Val Gardena, dove viveva karl, don Piero Clara, vuole evidenziare un fatto:Karl si dava alla montagna quanto si donava agli altri, aiutando chi si trovava nel bisogno qui in paese e alle popolazioni lontanissime, dell’Himalaya e delle Ande che veniva a conoscere durante le spedizioni. Una donazione su entrambi i versanti, senza limiti. I compagni di cordata(Simon kehrer e Walter Nones, superstiti) ricordano così quell’ ultimo giorno sul “Corriere della Sera”: Siamo ripartiti tranquilli, come se avessimo un navigatore in corpo. Invece avevamo solo il fanalino in testa e la luna piena che ci ha accompagnati nella notte. Abbiamo affrontato la spigolo slegati, ma li sotto ci sentivamo protetti perché scaricava sui due lati. Le regole le abbiamo decise prima di partire: fino a pendenze di 60 gradi si va slegati, distanti 50 metri. Ci siamo incantati di fronte all’alba , uno spettacolo incredibile: il rosso su un’infinità di bianco. Karl è davvero forte, non perde mai il buon umore, non sembra mai stanco. Ci dice:”ci fermiamo ad un autogrill a bere qualcosa?”. Siamo scoppiati in una sonora risata. L’unico rumore umano su quella montagna. Ci siamo studiati tutto il percorso con i binocoli e Karl ha una memoria di ferro, ricorda e soprattutto riconosce ogni pendenza, ogni crepaccio. Per lui osservare la parete è come leggere un libro. E noi ora stiamo imparando a farlo come lui. Gli ultimi 80 metri sono stati una faticaccia. Due tiri misti di ghiaccio e roccia, legati, perché i passaggi erano molto complicati. Ci abbiamo messo tre ore! Alla fine dello spigolo siamo finiti in neve fresca, poi un altro tiro per uscire da un seracco, poi ancora neve fresca. Che giornata infinita! Abbiamo scalato dalle 22 alle 16 del giorno dopo. Ci siamo macinati 2400 metri di dislivello. È questo il momento più difficile da ricordare e da scrivere ( inizia a parlare Simon ) “Vi piace? Non è bellissimo” ci ha detto Karl, con il suo solito sorriso contagioso. Ormai era ora di accamparci. Da lontano io e Karl abbiamo individuato un posto per la tenda. Gli ho detto di stare attento, che sembrava una crepacciata e lui:” vado a vedere”. Sono le ultime parole che gli ho sentito pronunciare. L’ho visto calpestare prudentemente la neve, passo dopo passo. Ero a tre metri. Ad un certo punto è sparito nella neve. Non l’ho sentito gridare, non ho sentito nulla. Ho pensato che fosse caduto i un crepaccio di 2-3 metri. Io non avevo messo in conto che potesse essere morto. Per me era come fosse immortale, e mi rendo conto che è una cosa stupida. L’ho chiamato, ho urlato, ma non rispondeva. Ho gridato a Walter che stava dieci metri indietro che karl era caduto in un buco, ma ho visto che pure lui stentava a capire.

“SONO STATO SEMPRE ATTRATTO DA QUELLA TORRE E NON AVREI MAI CREDUTO DI TROVARE UN’ARRAMPICATA COSI’ SPETTACOLARE”.Karl Unterkircher

Articolo tratto dalla rivista "Voce di Padre Pio"


Noi ragazzi della SAMI, comprendiamo perfettamente l'amore che karl avesse per la montagna e ci stringiamo al dolore della famiglia assicurando le nostre preghiere per loro.